Il concorso cinematografico “La miglior cura per te”

Il Concorso cinematografico “La miglior cura per te” del Movimento Choosing Wisely*

I giovani hanno sempre destato una certa inquietudine, e ancora lo fanno, ben prima e ben al di là di quella che, seguendo il titolo della bella ricerca di Jon Savage, è stata definita L’invenzione dei giovani; cioè il loro inserimento in una categoria sociale dai tratti riconoscibili, anche in funzione di un loro sfruttamento per fini consumistici. 

Ansiosi (ma nello stesso tempo spaventati) di entrare nel mondo degli adulti, i giovani (gli adolescenti in particolare) hanno di volta in volta manifestato aggressività e turbolenza, ribellione e insoddisfazione, frustrazione per essere (o sentirsi) esclusi da uno status sociale che intravedevano come un traguardo e insieme una perdita; comunque dal novero di coloro che programmavano e decidevano il futuro (anche il loro).

Col tempo le cose non sono migliorate; si sono semmai aggravate quando i millenials hanno saputo sfoggiare un’abilità e una pratica “naturali” nell’usare gli strumenti informatici (in particolare il web) che gli adulti riuscivano a padroneggiare a stento e attraverso una lunga pratica. Questa circostanza ha approfondito il solco tra giovani ed adulti, esasperando la diffidenza di quest’ultimi nei confronti di una componente sociale troppo abile ed intraprendente, e troppo poco remissiva (una spina nel fianco?). La frattura si mostra più traumatica di quanto possa apparire superficialmente. Il conflitto non appare molto diverso da quello verificatosi alcune generazioni fa, nella seconda metà dell’Ottocento, quando in Italia la legge Coppino aveva imposto l’obbligo dell’istruzione elementare e aveva prodotto figli “istruiti”, “alfabetizzati”, capaci di comprendere ed utilizzare quei segni inesplicabili che turbavano e risultavano incomprensibili a gran parte dei padri e dei nonni. Da qui le discussioni parlamentari contro la legge stessa, colpevole di indurre nei giovani la mancanza di rispetto nei confronti degli anziani. Eppure esiste, ed è pure di facile attuazione, una soluzione capace di spegnere, o almeno attenuare, il potenziale conflitto. Basterebbe investire questi giovani di una responsabilità, chiamarli a misurarsi con i problemi della società, consentire loro di offrire un contributo concreto, proprio sulla base di quegli strumenti (il computer, il web) di cui sanno servirsi con tanta competenza; tanto da apparire come un prolungamento quasi magico delle loro capacità.

Questa lunga premessa è finalizzata a motivare il consenso, e anche l’ammirazione, per il progetto di comunicazione e sensibilizzazione (a metà strada fra creatività cinematografica e competenza informatica) nato all’interno del Movimento Choosing Wisely, concretizzatosi in un Concorso denominato La miglior cura per te.  Si tratta di una iniziativa sviluppatasi nella Svizzera italiana nel 2019, diretta a studenti dagli 11 ai 18 anni, promossa e gestita dall’Ente Ospedaliero Cantonale e sotto l’egida dell’ ACSI, Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana. Il Movimento Choosing Wisely volto appunto a promuovere un approccio corretto alla medicina e alla sanità pubblica e privata, ha una dimensione internazionale e questo primo esperimento “locale” ha il sapore di una iniziativa che merita e promette di estendersi a livello globale. I filmati prodotti dai “registi” adolescenti hanno già generato diverse presentazioni, eventi partecipativi e celebrativi, anche in collaborazione con la rassegna di film per ragazzi Cinemagia, il Festival per il cinema giovane Castellinaria,  la RSI-Radiotelevisione della Svizzera Italiana e il Festival Internazionale del Cinema di Locarno.Possono essere fruiti dal web attraverso diversi link e siti, tra i quali il seguente:

https://www.eoc.ch/comunicazione/Eventi/Choosing-Wisely/cw/La-miglior-cura-per-te/filmati-vincitori.html#

Questo Concorso ha inteso sviluppare, attraverso “corti” elaborati dai ragazzi stessi, un monito serio rivolto, per esempio, a quanti fanno un uso spericolato ed incosciente (oltre che dannoso, eticamente irresponsabile per loro stessi e la società) dei farmaci e delle visite radiologiche. La proposta riesce a realizzare, con sintesi mirabile, diversi obiettivi, a cominciare dall’occasione di offrire uno sfogo (e un obiettivo concreto) alla smania dei giovani di usare il computer in ogni occasione, anche la meno nobile. Del resto, l’insegnamento informatico è diventato una disciplina vera e propria, ormai non più eludibile da parte delle scuole, anche al fine di superare l’opinione comune, che vede il computer come strumento di svago superficiale o di sfogo personale. Il web è uno strumento di conoscenza e di informazione (anche di condizionamento) di insuperabile efficacia. Come tutti gli strumenti non risulta in sé né buono né cattivo, ma al massimo più o meno efficace, e usato con maggiore o minore convinzione. Bisogna definire dunque gli obiettivi verso cui indirizzare la conoscenza, e ridurre il pericolo di un uso dispersivo e superficiale. Per ritornare ancora al mondo giovanile, la conoscenza tecnica del mezzo non garantisce affatto un suo impiego utile ed efficace.

Il progetto di creare “corti” cinematografici fruibili attraverso il web viene incontro alla passione di molti giovani per il cinema, non solo quello di intrattenimento, ma anche quello di denuncia e quello “impegnato”, intento a porre in luce, ed analizzare, le problematiche attuali. Spesso proprio i giovani sono spettatori attenti, interessati anche allo stile e alle procedure tecniche finalizzate ad ottenere certi effetti e giungere a certe conclusioni. I brevi saggi premiati al concorso (ma anche molti solo segnalati) ne sono un esempio notevole. La tematica affrontata (l’abuso di farmaci) infine pone i giovani di fronte ad un problema che li coinvolge direttamente, non solo in quanto parte della società, ma soprattutto perché proprio i giovani sono spesso la componente più fragile della collettività; e, come tali, sono spesso indotti a servirsi di rimedi chimici assunti in modo sconsiderato, senza ben riflettere sulle conseguenze di un gesto, in apparenza banale, ma in realtà capace di provocare gravi conseguenze (non è forse un caso che uno dei leit motiv più ricorrente di questi “corti” coincida appunto con il monito di non farsi ingannare dall’apparente innocenza del gesto di servirsi del farmaco per uscire dal problema). Quello che colpisce, ad un’analisi anche solo superficiale delle opere che hanno ottenuto i premi principali, è prima di tutto una grande perizia tecnica, evidente già nel coordinamento di musica ed immagini (con anche un effetto di contrasto nel lavoro terzo classificato, dove l’orecchiabilità della traccia musicale entra in conflitto con la gravità dell’assunto). Il ritmo del montaggio è molto rapido, dovuto certo alla necessità di contenere l’episodio in un margine di tempo ristretto; si tratta però anche di un procedimento espressivo voluto dagli autori, e impiegato con abilità. Proprio perché costretto e concentrato, il “corto” deve trarre il maggior effetto possibile dall’allusione e dall’accostamento analogico, con una tecnica affine al “montaggio concettuale” di Ejsenstein, che non mira a raccontare, ma a potenziare il messaggio e le emozioni, accostando oggetti – simbolo di grande pregnanza e riconoscibilità. Ma la di là di simili condizionamenti colti (studiati o accostati in maniera indiretta), il gioco di parole, il calembour, l’analogia fulminea ed irriverente costituiscono una risorsa fondamentale del sistema comunicativo dei giovani.

I tre filmati premiati

-Il primo classificato, fra i “corti”, si distingue per la grafica elegante (personaggi disegnati con tratto fortemente stilizzato) e per l’esatta relazione tra la musica e lo scorrere delle immagini. L’idea vincente, che sigla l’originalità del soggetto, sta nel contrasto tra il sollievo momentaneo del sonno indotto attraverso i medicinali e il sonno definitivo provocato dal loro abuso (forse è solo una felice coincidenza, ma risulta davvero efficace quella ambiguità tra il sonno declinato come “riposo” e come “morte”). Il sollievo dall’insonnia si trasforma quindi in una condanna accettata con incoscienza: il sorriso del protagonista (un viso che occupa quasi tutta l’inquadratura) rimane identico nel letto e nella bara.

-Meno elaborata, ma a suo modo efficace, l’idea base del secondo spot, che si concentra sul viso di una ragazza in primo piano. Anche in questo caso il monito riguarda l’insidia del farmaco assunto con troppa superficialità e in modo frenetico: il sorriso della ragazza inquadrata in primo piano (un plauso alla giovane ed espressiva attrice) si spegne progressivamente, mentre il viso viene coperto dalle pillole che letteralmente lo cancellano.

-Nel terzo classificato, dalla tecnica assai raffinata, gli autori ricorrono ancora a cartoons stilizzati. La storia è sorretta da un montaggio rapido e da un cambio continuo dell’inquadratura: tecnica evidenziata anche da una musica assai ritmata. Il monito riguarda stavolta l’eccesso nell’uso delle radiografie, una prassi che finisce per diventare nociva, quando il legittimo desiderio di conoscere il proprio stato di salute si trasforma in una frenesia letale, che non riesce a rendersi conto dei danni potenziali che produce.

Merita infine un accenno il primo dei “corti” segnalati, un filmato di notevole perizia, in cui l’efficace bianco e nero e la tecnica volutamente povera sembrano richiamare gli illustri modelli del neorealismo italiano**. Al centro dell’inquadratura, le labbra di una ragazza con tanto di piercing (per far scattare il senso di identificazione nei giovani spettatori); labbra a cui viene affidato il compito di esprimere il messaggio. Il sorriso spento della protagonista acquista maggiore luminosità ed intensità man mano che le vengono prospettate alternative “naturali” agli ansiolitici che vengono subito alla mente, quando si patisce un disagio (in questo caso lo stress). La lettura, l’espressione artistica, l’esperienza del viaggio sono mezzi ben più adatti del farmaco a superare il momento di disagio e di insoddisfazione: la creatività, più di ogni altra cosa, offre autostima e coraggio nell’affrontare i disagi della vita e della convivenza.

*Il movimento internazionale Choosing Wisley opera da anni per sensibilizzare i cittadini e i medici in merito alla necessità di una maggiore consapevolezza e coerenza nella richiesta di prestazioni e prescrizioni mediche. Persegue questo obiettivo con campagne locali e nazionali di comunicazione, convegni internazionali di specialisti, incontri con i cittadini, filmati e spot di interesse collettivo disponibili sul web, coinvolgendo tutti i protagonisti e responsabili: società farmaceutiche, istituti ospedalieri, agenzie sociali, associazioni mediche, fabbricanti di macchinari diagnostici, operatori sanitari, assicurazioni, manager e istituzioni pubbliche.

Per quanto riguarda un approfondimento relativo specificatamente al Movimento Choopsing Wisely:

https://www.eoc.ch/comunicazione/Eventi/Choosing-Wisely/cw/eventi/Choosing-Wisely.html


https://www.eoc.ch/comunicazione/Comunicati/2019/Premiati-a-Locarno-i-giovani-vincitori-del-Concorso-cinematografico--Choosing-Wisely---La-miglior-cura-per-te-.html


http://www.caffe.ch/stories/societa/62196_lastre_e_esami_sul_set_per_una_sanit_slow/


https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-professione/2016-06-06/il-movimento-choosing-wisely-cresce-e-diventa-internazionale--180552.php?uuid=AD9sD5W&refresh_ce=1

**Non a caso il modello di riferimento dell’iniziativa si ispira al “Neorealismo Pubblicitario”, una corrente culturale che ha mosso i primi passi nel 2002 -molto prima di You Tube- proprio nel territorio elvetico, a Locarno, con il primo Concorso (aperto anche a studenti italiani) di filmati autodafè nei quali il testimonial/protagonista era lo stesso produttore o consumatore di servizi, idee e beni.

Tra i vincitori delle primi edizioni del Premio , gli alunni del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Crema (Italia).

Vds.: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Neorealismo_pubblicitario


			

Gino Tessaroli, pittore

 

 

Tre dipinti di GinoTdx5. Da sinistra: “Al di là dei cancelli dell’Eden”; “Le sfere celesti e le farfalle dello spirito”; “Omne vivum ex vivo” (Collezione privata).

 

Nella conclusione di un suo amaro saggio, il grande filosofo ed antropologo René Girard affermava che il tratto distintivo dell’arte attuale (di tutta l’arte, ma in particolare della pittura) consisteva nella rinuncia definitiva a dare gioia e piacere a chi ne fruisce. L’edonismo non c’entra; per Girard una simile rinuncia era la spia dello smarrimento  dell’arte e della coscienza occidentali, incapaci ormai di intravedere orizzonti e seguire ideali.

Difficile negare le buone ragioni di Girard, a cui premeva sottolineare soprattutto gli elementi di crisi. Tuttavia sarebbe ingeneroso estendere una simile, amara conclusione a tutta l’arte senza eccezioni, anche se le linee di tendenza generali appaiono fin troppo definite. Nel quadro di insieme si possono infatti indicare esperienze diverse, animate da una visione differente delle risorse spirituali ed intellettuali dell’uomo: la fedeltà, quindi,  ad una concezione umanistica, che non è priva di  senso e importanza, per quanto locale (e quindi sfuggente) possa essere.

Voglio indicare qui (con una doverosa ammissione di provvisorietà e di impressionismo, data l’assenza di studi specifici) il caso di un pittore locale, di Bagnolo Cremasco, Gino Tessaroli (in arte GinoTxd5) che dipinge ormai da anni, fedele ad una sua ricerca, ad una sua espressività, che hanno davvero poco in comune con la chiusura solipsistica, e le pulsioni autolesionistiche di tanta pittura attuale, condizionata dalla nevrosi assai più che capace di dominarla ed esprimerla. Eppure le radici culturali di Gino sono da ritrovare nella cultura alternativa dei tardi anni Sessanta – Settanta del secolo scorso, nata per scontrarsi senza quartiere con una realtà giudicata inamabile.

Con una coerenza espressiva già di per sé affascinante, Gino dipinge quadri ariosi e luminosi, dai colori vivaci e brillanti, con soggetti ricavati dal mondo animale e vegetale, pur senza nessuno studio “realistico”: fiori dalle larghe corolle e dai colori vividi, frutti che pendono dai rami, corsi d’acqua serpeggianti e rive fiorite. L’elemento dominante risulta la gioia, e un invito implicito a guardare oltre la nebbia e l’oscurità che sedimentano nello sguardo di chi osserva… Se l’epoca che viviamo è sgradevole e volgare, la rassegnazione non è l’unica opzione possibile. La farfalla (una presenza costante in questa pittura) era un tempo un bruco sgradevole nell’aspetto e vagamente ripugnante; la trasformazione lo rende un essere lieve che tende verso l’alto:  nei quadri di Gino diventa una creatura alata dall’aspetto antropomorfo che ribadisce il suo significato simbolico di “anima” a cui viene concesso il privilegio di andare oltre e di superare la condizione di una bassezza miserabile. La attende un eden che pure è presenza diffusa nella pittura di Gino, una sorta di paradiso in terra che non conserva nulla di mistico e di astrattamente simbolico, ma assume l’aspetto di un giardino fiorito, di un paradiso, appunto, dato che “paradiso” in greco significa appunto “giardino”. Uno dei suoi ultimi dipinti, Al di là dei cancelli  dell’eden, richiama, nel suo colorismo e nella sua ariosità, il guardino dell’ Alhambra di Granada: un tripudio di vegetazione, di colori e fontane, che sembra richiamare proprio la mitica condizione dell’uomo, prima della Caduta.

L’impressionismo, tuttavia, l’ammirazione epidermica non sono reazioni gradite al pittore; indicano semmai un tradimento, dato che la sua pittura rimanda ad una rete di simboli e di significati allusivi di cui viene fornita la chiave nel quadro stesso. Il momento iniziale, ispiratore risulta una robusta sensibilità religiosa, cristiana soprattutto, anche se il sentimento dell’autore tende a rompere gli schemi di una fede rituale e fossilizzata, e spaziare in una tensione verso l’alto, verso l’assoluto. Da qui discende l’incontro con altre esperienze dello spirito: spunti misterici e anche esoterici, suggestioni dall’Apocalisse, simboli ricavati dalla cultura azteca, che si individuano, più tenui, sullo sfondo. Non conta tanto, dunque, l’espressività pura, quanto un percorso iniziatico e misterico, che attraverso l’arte conduce lo spettatore – iniziando in un cammino di superamento dell’impasse attuale (forse quello che la didascalia apposta al quadro chiama “età oscura”).

Gino Tessaroli ha scelto per sé una vita comune, un lavoro regolare (di educatore) e una famiglia che conserva i tratti esteriori della buona normalità borghese. Le sue radici culturali, però, non hanno nulla da spartire con la cultura borghese e i suoi valori. Esse affondano semmai nella controcultura degli ultimi decenni del secolo scorso, prima di tutto nell’esigenza (che ha radici lontane) di un arte “totale”, declinata in molti modi e attraverso la sperimentazione di tante forme d’arte (Gino è animatore, fra l’altro, di un gruppo rock di buona fama le cui canzoni riprendono e sviluppano alcuni temi presenti nella pittura). Anche l’uso di un supporto materiale povero (il legno delle cassette di frutta opportunamente trattato) rimanda a quella cultura e a quella stagione: non perché, nella sua concezione, la pittura sia un’arte da demistificare e da abbassare, come voleva una tendenza autolesionistica (e in fondo narcisistica) ben viva nella letteratura e nell’arte moderna, ma proprio nella direzione opposta. In Gino prevale infatti la volontà di annullare il distacco fra artista e fruitore, immergendo la pittura in una dimensione quotidiana e comune, a stretto contatto con il destinatario e non innalzata su un altare e isolata nella torre d’avorio. Delle istanze libertarie, sorte anche per scardinare la normalità. il pittore sceglie la componente democratica, intesa nel senso della ricerca della relazione, del rapporto, della comunicazione. Sono valori che si fondano su una piena valorizzazione dell’Umanesimo, e quindi di valori costruttivi (tra i quali, appunto, il piacere estetico).

Infine, l’esigenza di infrangere schemi e barriere, di liberare la coscienza nell’accettazione dell’altro sono il fondamento di uno spirito ecumenico (dell’inculturazione religiosa. soprattutto) che ritorna costantemente in questa pittura. Anche in questo caso si può ritrovare lo spirito di quegli anni di contestazione, disinnescato però della sua carica decostruttiva ed esplosiva, e volta semmai ad unire, a creare occasioni di incontro (nulla di più inattuale, e più necessario, dati i tempi che corrono).

Per quanto sia così gradevole e serena, quindi, l’arte di GinoTxd5 risulta anche l’espressione di un rivoluzionario, di uno spirito che rema contro. E, tuttavia, coerentemente con una scelta non aggressiva e non violenta, il suo “non allinearsi” è tutto interiore, dentro la coscienza: una proposta, quindi, un invito a non omologarsi, senza accogliere il nihilismo e l’inquietudine autodistruttiva di un Kerouac, di un Ginsberg, o anche la demistificazione non priva di ambiguità di un Wahrol. L’omologazione si supera rimanendo fedeli a se stessi, al proprio tesoro interiore: come insegnava a fare Seneca, un patrimonio della classicità e dell’umanità.

Giovanni Giudici, L’ educazione cattolica

Giovanni Giudici

-Governoladro ioboia – più spesso con tutta la D
– chi eri voce blasfema
nel coro ferroviario – sbattevano le porte
su quell’aria d’inverno di sigari tanfo di sonno
– piccola verità mi facevi tremare
– chi eri maestro e donno?

La bella ti chiese permesso.
Tu la lasciasti passare.
Un culo è sempre un culo e il duce è un fesso
– mi dicesti all’orecchio
– e anche questo
io dovevo imparare.

Giovanni Giudici, L’educazione cattolica

Poesia(per me) splendida, che non solo dimostra “che si può arrivare alla poesia senza materiali poetici” (come dichiarò lo stesso Giudici, e qui non serve commento) ma che afferma ciò che io ho sempre creduto: che per capire le cose (piccole o grandi) della vita, e a volte le più importanti, non servono gli intellettuali: Bastano le persone intelligenti, anche se volgari e socialmente screditate.